E' TORNATO il GNOCCO
alla Fiera di San Geminiano
di Luca Bonacini
Un
giorno atteso dai modenesi tutto l’anno, il giorno di festa per eccellenza San
Geminiano. Un antica devozione al santo protettore della città di Modena che si
esprime fino dall’anno 1000, quando i modenesi si riunivano in confraternite
per prendersi cura della manutenzione e della luminaria della cattedrale. Fu
nel 1106 che avvenne la solenne traslazione del corpo di San Geminiano dal
sarcofago della preesistente cattedrale a quella attuale, dove anche oggi si
può venerare il santo, “e vi furono festeggiamenti e onoranze con richiamo di
folla”. Nel 1300 il Comune decretò che tutti i comuni e le ville dei luoghi del
distretto di Modena si presentassero sotto il proprio vessillo a far offerte al
santo, e che tutti gli uomini della città, entrassero in chiesa con ceri.
Inizialmente dunque una fiera di banchetti dove acquistare cose necessarie al
sostentamento e al vestire, fino a che le autorità permisero trombettieri,
cantori, giullari, uomini con piacevolezze d’arti, di parole, e di graziosi
giochi”. Nel 1400 “la secolare offerta dei ceri” fu definitivamente trasferita
dal 30 aprile al 31 gennaio, e aumentò sempre più la sua notorietà, una
moltitudine di contadini e cittadini trasformavano per un giorno la città,
decine e decine di banchetti che nel 1700 occupavano la via Emilia e Piazza
Grande “coccodrilli di latta, tramvai con cavallini dipinti di verde,
rivoltelle a tamburo con le cartucce rosse, lingue di Menelik, bambole che
muovevano gli occhi, mentre per gli adulti c’erano i gucciaroli, le arance, i porto
galli di Sicilia”, a sera poi si sorteggiava la grande tombola che richiamava
molta folla e concludeva i divertimenti della fiera di San Geminiano. Tempi
duri quelli, nei quali non doveva essere semplice mettere insieme il pranzo con
la cena, e nei quali fiumi di persone si riversavano nella città per una visita
al santo e per godere di una giornata spensierata, acquistando un balocco per
il bambino, mangiando qualcosa di caldo, e bevendo in compagnia. Oggi come
allora è un appuntamento fisso che si ripete in ogni città d’Italia: a Reggio
Emilia c’è San Prospero, a Milano c’è Sant Ambrogio, a Padova c’è Sant’Antonio
e dovunque impera la passeggiata diligentemente pressati per raggiungere il
centro della città, e comprarsi qualche cosa in allegria. Una delle
caratteristiche del cambiamento però è che sempre di più è diventata una fiera
dove trovi di tutto tranne le tipicità locali, in un fiorire di specialità che
vengono da ogni dove, qualche volta di dubbia qualità, ed è pieno di bancarelle
che somministrano di tutto e di più. Una naturale conseguenza della
globalizzazione? Certo ogni tanto si ha voglia di un panino alla porchetta
Toscana, di una piadina romagnola con salsiccia, di una pizza calda, e di fiumi
di birra, ma che nella festa più tradizionale della città si trovino sempre più
raramente prodotti modenesi, può disturbare non poco, parliamoci chiaro, stavano
sparendo i banchetti con le cose buone modenesi. Ecco perché mi ha fatto
piacere accorgermi che da quest’anno c’è una piacevole inversione di tendenza:
si sono tornati a vedere venditori di borlenghi e soprattutto venditori di gnocco che
imperversano nuovamente, offrendo il loro miglior prodotto preparato all’istante.
Per il momento la tradizione è salva.
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