IL GNOCCO
di
MASSIMO BOTTURA
Farina, acqua, strutto. Quando a un modenese si parla di gnocco fritto, per quanto lontano la sorte lo abbia portato, ecco che improvvisamente gli si ribadisce in testa una certezza che da sempre – vien fatto di dire quasi
per natura – lo accompagna: e cioè che non è comportamento saggio il prendersi per persone serissime e per questo rispettabili, perché l’arte e la grazia vanno a visitare solo le case dove la gente ha voglia di ridere (anche di sé) e dove non esistono ingredienti segreti ma solo segrete combinazioni di circostanze irriproducibili. E’ un tema fondamentale questo per me. Non esistono segreti. Però però... Tre ingredienti sembrano così facilmente assemblabili, dov’è il trucco? Cosa distingue così nettamente quello buono da quello meno buono? La mia infanzia, il mio ricordo dice che la distinzione è nell’amore: quanta più passione metto nel farlo quanto più buono sarà, quanto più ci ricorderà quello di nostra nonna o di nostra mamma nelle ore più felici! Quest’anno l’ho fatto anche per Natale, avevo ospiti da lontano e gli ospiti a me più vicini: la mia famiglia. Ho voluto, ho dovuto, impastare farina acqua e strutto con mia mamma. Per qualcuno un tuffo nel passato delle nostre memorie più soffici. Per chi provava qualcosa di nuovo. Per loro era già il piacere di vedere quanto profondamente amavo quel gesto, quanto ero felice. Ecco cos’è per me, sentire l’odore dello strutto fuso, quello buono degli animali allevati da persone che chiamano i maiali per nome, prima di tuffarci dentro i rettangoli d'impasto. Il gnocco è un mio ricordo, felice e ripetibile.
Tratto dalla prefazione del volume Confraternita del Gnocco d'Oro
tanti giri di parole per non dire niente
RispondiEliminaMah! :)
RispondiElimina"IL" gnocco lo può definire solo chi cerca originalità e provocazione a buon mercato... Ma, coi tempi fasulli dell'apparire che corrono, funziona.
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